Nonni e nipoti: la tutela dei legami familiari

Nonnità o Nonnanza?

Capita, a volte, di ricevere nonni che si lamentano del fatto di non avere la possibilità di frequentare i propri nipoti perché uno o entrambi i genitori si oppongono o ostacolano il rapporto con i nipotini.

Capita, più volte, che questa situazione si verifichi nei casi di separazione, divorzio o cessazione di una convivenza, soprattutto se la conflittualità tra i genitori è molto aspra.

Da qui la classica domanda dei nonni “ma noi cosa c’entriamo?” e, di conseguenza, “ma noi quali diritti abbiamo sui nostri nipoti?”.

Come si parla di “genitorialità”, si potrebbe parlare di “nonnità”, come diritto dei nonni di avere rapporti con i nipoti minorenni. Anzi, si potrebbe parlare di “nonnanza”, come preferiscono scrivere i pedagogisti Maria Teresa Zattoni e Gilberto Gillini nel loro libro “Nonni, che fortuna!” nel quale si sottolinea “più che il diritto a essere nonni, il diritto a fare i nonni e ad avere dei nonni” (cit.).

Una biunivocità che anche il nostro sistema normativo riconosce.

Il diritto a fare il nonno: una conquista recente ma ad una condizione

Il diritto dei nonni: un valore da proteggere

Il nostro codice civile sancisce espressamente che “gli ascendenti hanno il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni”. Lo dispone l’art. 317 bis c.c., modificato nel 2013, che per la prima volta introduce il diritto dei nonni di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.

Un diritto speculare e complementare a quello del minore

Quindi è abbastanza recente la presa di posizione del nostro legislatore in merito al riconoscimento di un vero e proprio diritto in favore dei nonni, diritto che è speculare e complementare al diritto del minore di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, come prescrive l’art. 315 bis c.c.

In altre parole il diritto dei nonni trova la sua origine ed il suo contenuto nel diritto del minore ad avere e conservare rapporti proficui con i primi.

Nonni e crisi familiare

Oltre all’art. 315 bis c.c., leggiamo l’art. 337 ter c.c. che sancisce il diritto del minore di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale anche – e, sarebbe il caso di dire, a maggior ragione – nei casi di crisi familiare ovvero nei casi di separazione, divorzio, cessazione della convivenza dei genitori.

E qui veniamo al tema della cura della relazione familiare, quale diritto del minore a mantenere intatta e a rafforzare la relazione familiare nell’evolversi della relazione sentimentale tra i genitori e, di conseguenza, nell’evolversi della famiglia.

La conservazione delle radici familiari come interesse del minore

Richiamando il diritto del minore a preservare rapporti con i parenti di ciascun ramo genitoriale, la cura della relazione familiare si delinea come opera di recupero, conservazione e valorizzazione delle origini familiari, finalizzata a realizzare l’interesse del minore a mantenere vive le radici della famiglia e a non spezzare, ma semmai a tenere ben attaccato, il legame con ciascun ramo genitoriale, in quanto valore da proteggere.

Su questo punto si osserva che l’importanza della conservazione del rapporto tra nonni e nipoti è stata sottolineata, di recente, anche dalla Riforma Cartabia che all’art. 473 bis n. 6 c.p.c. stabilisce che il giudice deve procedere senza ritardo ad ascoltare il minore quando, tra l’altro, venga affermata o segnalata una condotta genitoriale volta ad ostacolare la conservazione di un rapporto significativo con i nonni (oltre che con i parenti di ciascun ramo genitoriale).

In tal caso è potere del giudice – nell’ambito di una causa di famiglia – assumere sommarie informazioni per verificare la lamentata situazione ostativa alla relazione nonni-nipoti o anche abbreviare i termini processuali per accelerare l’assunzione della decisione che deve essere presa sempre nel rispetto dell’interesse del minore.

Diritti dei nonni sui nipoti: evoluzione giurisprudenziale e normativa

La giurisprudenza prima del 2013

Prima dell’intervento legislativo del 2013, che ha modificato l’art. 316 bis c.c., il nonno pretermesso dalla vita del nipote era costretto, per poter avere uno spazio nella vita del nipote, a ricorrere al giudice minorile affinché accertasse che la condotta del genitore che ostacolava il rapporto nonno-nipote fosse indice dell’inidoneità genitoriale e potesse quindi giustificare una pronuncia di decadenza o di limitazione della responsabilità genitoriale.

In altre parole per poter rivendicare il suo ruolo, il nonno doveva dimostrare l’incapacità genitoriale, provando che il comportamento ostativo del genitore avrebbe danneggiato il minore, privandolo dell’importante contributo del nonno alla crescita equilibrata ed armoniosa del nipote, anche dal punto di vista emotivo.

In tal senso si esprimeva la giurisprudenza, cercando di supplire alle lacune di un sistema normativo che non prevedeva alcun diritto ed alcuna tutela giurisdizionale “diretta” in favore dei nonni.

L’intervento legislativo del 2013

Oggi, invece, a seguito della modifica dell’art. 317 bis c.c.  intervenuta nel 2013, ai nonni viene riconosciuto uno strumento processuale specifico finalizzato in maniera mirata a far valere il loro di diritto di conservare rapporti significativi con i nipoti minorenni: quando vi è un impedimento in tal senso, i nonni possono proporre ricorso al tribunale dei minorenni del luogo in cui il nipote abitualmente risiede affinché il giudice adotti “i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore”.

Questa norma – insieme alle altre norme sopra citate – rappresentano senza dubbio un elemento di progresso nell’ambito del riconoscimento della posizione giuridica di tutela in favore dei nonni.

Le condizioni per mantenere il rapporto

Tale posizione, tuttavia, si traduce in un diritto non illimitato o incondizionato, ma sempre subordinato al soddisfacimento dell’esclusivo interesse del minore, come recita l’art. 317 bis c.c.

Ciò significa, in altre parole, che il rapporto tra nonni e nipote avrà titolo per essere preservato o instaurato solo se non arrechi danno al minore e corrisponda, quindi, al suo interesse.

E non solo. La più recente giurisprudenza specifica ancor meglio quali debbano essere le condizioni per l’esistenza o il mantenimento del rapporto nonno-nipote, dando un contenuto ben preciso a quello che è “the best interest of the child”, come citano le fonti internazionali in materia di diritti dei minori.

In particolare, la Suprema Corte ha di recente osservato che “ciascun minore ha un rilevante interesse a fruire di un legame, relazionale ed affettivo con la linea articolata delle generazioni che, per il tramite dei propri genitori, costituiscono la sua scaturigine…..l’intervento del giudice in questo ambito deve tener conto del fatto che  l’art. 317 bis c.c. nel riconoscere agli ascendenti un vero e proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, non attribuisce allo stesso un carattere incondizionato, ma ne subordina l’esercizio e la tutela, a fronte di contestazioni o comportamenti ostativi di uno o di entrambi i genitori, a una valutazione del giudice avente di mira l’esclusivo interesse del minore, ovverosia la realizzazione di un progetto educativo e formativo, volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore, nell’ambito del quale possa trovare spazio anche un’attiva partecipazione degli ascendenti, quale espressione del loro coinvolgimento nella sfera relazionale ed affettiva del nipote” (Cass. 31.01.2023 n. 2881).

Alla luce di questo principio va letta quella giurisprudenza che non accoglie le istanze di quei nonni la cui presenza della vita del nipote risulta (e viene dimostrato essere) pregiudizievole allo sviluppo armonioso e sereno del minore.

Cito al riguardo la decisione dell’8 aprile 2024 n. 9281 della Suprema Corte che ha rigettato la domanda della nonna paterna alla conservazione del rapporto con i nipoti poiché dagli atti di causa era emerso che quest’ultima non era stata in grado di ricostituire con i minori un sereno rapporto e che i nipoti stessi avevano manifestato progressivamente sempre maggior disagio nell’incontrarla. Nel caso specifico la nonna non soltanto non si era sottoposta alla consulenza tecnica psicologica disposta dal giudice sulla sua persona, ma di fatto non aveva posto in essere alcun comportamento positivo con i nipoti: la consulenza psicologica era stata disposta dal giudice a seguito di quanto riportato da uno dei nipoti minori che aveva riferito della aggressione subita dalla mamma da parte della nonna, dichiarazione che aveva indotto il giudice a far valutare i profili personologici di quest’ultima per capire se fosse possibile la ricostruzione di un rapporto sereno ed armonioso con i nipoti. L’ingiustificato rifiuto della nonna di sottoporsi alla perizia psicologica era stato interpretato, anche dalla corte di merito, come espressione del sostanziale disinteresse della nonna alla possibilità di accertare l’esistenza di eventuali linee comportamentali e terapeutiche utili alla ricostruzione del rapporto con i nipoti, possibilità che avrebbe dovuto persuadere la nonna paterna ad avere una condotta collaborativa e proattiva allo scopo.

D’altra parte l’inesistenza di un rapporto pregresso con i nonni non è di ostacolo all’instaurazione o al recupero della relazione con i nipoti quando essa possa, anche solo potenzialmente, rappresentare una risorsa per la crescita e lo sviluppo equilibrato del minore.

Evoluzione giurisprudenziale e normativa del diritto dei nonni | Studio Legale Romina Anichini

A tal proposito è interessante il provvedimento n. 34566 del 23.11.2022 della Corte di Cassazione che ha deciso sul ricorso presentato dalla madre di una bambina nei confronti dei nonni paterni che avevano appunto azionato l’art. 317 bis c.c. per poter riprendere la relazione con la nipotina, con la quale di fatto non avevano contatti da diversi anni a seguito della disgregazione della relazione sentimentale tra i genitori.

Questa pronuncia è rilevante perché valorizza il rapporto tra nonni e nipoti guardando all’apporto positivo che esso può dare nello sviluppo della personalità del minore, senza porre necessariamente l’accento sulla consistenza temporale della relazione tra nonni e nipote, che nel caso specifico si era interrotta da molto tempo, essendosi la coppia genitoriale divisa e, peraltro, essendosi il padre completamente allontanatosi dalla bambina.

Da questa vicenda, molto complessa anche dal punto di vista giudiziario (il ricorso al Tribunale dei Minori era stato promosso dai nonni verso la madre della bambina quando era ancora in corso la causa promossa da quest’ultima contro il padre della minore per decadenza dalla responsabilità genitoriale), emerge il principio in base al quale l’interesse del minore, al quale è condizionato l’interesse dei nonni a mantenere rapporti con il nipote, non può ritenersi insussistente per il solo fatto che i rapporti si siano interrotti per alcuni anni se dalla ricostituzione di tale rapporto possa derivare un beneficio nella vita del minore.

Nel caso specifico la madre della minore si era opposta alla domanda dei nonni paterni di mantenere, anzi ripristinare il rapporto con la nipotina “in una prospettiva di contrasto nei confronti del suo l’ex compagno, senza porsi nella corretta ottica dell’interesse della bambina a coltivare la relazione con i propri nonni” (da Cass. ord. 23.11.2022 n. 34566).

Pertanto il comportamento ostativo o anche solo pretestuoso del genitore che, per mera ritorsione contro l’ex partner, impedisce ai nonni, genitori di quest’ultimo, di continuare ad avere rapporti con i nipoti, rappresenta un atteggiamento negativamente valutabile dal giudice, in quanto esclusivamente finalizzato ad appagare esigenze individualistiche e non, invece, ad attuare l’interesse del minore ad avere anche il contributo affettivo e materiale dei nonni nello sviluppo della propria personalità.

Quanto incide il conflitto tra genitori e nonni nel rapporto con i nipoti?

Oltre alla conflittualità tra i genitori, quale possibile ostacolo al rapporto tra nonni e nipoti, vi è da considerare la possibilità che la conflittualità sia radicata tra genitori e nonni.

La conflittualità genitori-nonni come ostacolo al rapporto con i nipoti

Su questo tema si registrano sentenze che escludono radicalmente la possibilità che i nonni abbiano diritto a mantenere i rapporti con i nipoti quando le tensioni con i genitori sono forti (come ha ritenuto la Cassazione nella sentenza n. 2881 del 31.01.2023) ed altre che invece ritengono che le ostilità tra nonni e genitori non siano di impedimento alla conservazione del rapporto ma che possano giustificare una rimodulazione dei tempi che i nonni passeranno con i nipoti “onde limitare il più possibile le occasioni di incontro e, quindi, di scontro” (in tal senso Cass. n. 21895 del 11.07.2022).

L’importanza del benessere del minore nelle decisioni giudiziarie

Entrambe le posizioni hanno in comune l’obiettivo di preservare il minore dal conflitto tra adulti, in un caso tranciando nettamente il rapporto con i nonni con la finalità di evitare completamente qualsiasi occasione di tensione che possa essere percepita dal minore, nell’altro caso minimizzando tali occasioni ma cercando di valorizzare nei limiti del possibile l’apporto positivo dei nonni nella crescita del nipote.

In entrambe le decisioni è individuabile una visione puerocentrica, dove, in ogni caso, il focus deve rimanere sul minore e sul suo diritto ad avere una crescita serena ed equilibrata, salvo poi declinare diversamente le modalità per garantire tale interesse, estromettendo del tutto i nonni o modulando ad hoc i tempi dagli stessi fruibili con i nipoti.

I nonni hanno un diritto di visita?

Il diritto ad avere o mantenere un rapporto significativo con i nipoti è qualcosa di più ampio rispetto al c.d. diritto di visita ovvero al diritto di frequentazione del minore, locuzione normalmente utilizzata, soprattutto in passato, con riferimento al genitore non collocatario e soppiantata da diritto alla permanenza del minore presso il genitore nell’ottica della bigenitorialità. 

Per utilizzare lo stesso termine, i nonni non hanno un diritto alla permanenza del minore presso di loro e quindi non hanno lo strumento processuale per rivendicarlo.

Ai nonni, in particolare, non è consentito di intervenire nelle cause di separazione o di divorzio tra i genitori del nipote, né nelle cause di revisione delle condizioni di separazione o di divorzio per far valere un proprio diritto di visita.

L’unico strumento processuale che hanno a disposizione è finalizzato ad ottenere qualcosa di più ampio che corrisponda funzionalmente e necessariamente all’interesse del minore ed è attivabile presso il giudice che, per definizione, è deputato alla sua tutela, cioè il giudice minorile.

I “rapporti significativi” oggetto delle norme fin qui citate si sostanziano nel contributo affettivo e materiale che la presenza dei nonni riveste (o può rivestire) nella vita dei nipoti: tale presenza deve essere preservata solo se sia funzionale alla crescita serena ed equilibrata del minore.

La giurisprudenza è ferma nell’escludere che esista un vero e proprio diritto di visita dei nonni e piuttosto pone l’accento sul diritto dei nipoti a frequentare i nonni quando hanno instaurato relazioni significative con gli stessi o quando possono recuperarle e quindi nell’ottica di “valorizzare il bagaglio di memoria e di affetto di cui i nonni sono portatori” (Corte d’appello di Milano 11.02.2008) purché funzionale allo sviluppo psico-emotivo del minore.

Il nonno sociale: la famiglia degli affetti

Allo stesso fine, la giurisprudenza di legittimità sottolinea un altro aspetto interessante, osservando che non è essenziale l’esistenza di un legame biologico con il minore per coltivare e conservare il rapporto già radicato con lo stesso.

In altre parole, il diritto di preservare rapporti significativi con il minore spetta non soltanto agli ascendenti ed ai parenti del minore, ma anche “ad ogni altra persona che affianchi il nonno biologico del minore, sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore medesimo una relazione affettiva stabile, dalla quale quest’ultimo possa trarre un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psico-fisico”.

Da questo punto di vista e tenuto della crescente importanza che viene riconosciuta ai rapporti di fatto instaurati dal minore, se affettivamente arricchenti, la giurisprudenza, attribuendo un significato estensivo alla nozione – di per sé fredda e distaccata – di “ascendente”, vi ha ricompreso anche il c.d. nonno sociale, cioè il coniuge o il convivente di fatto del nonno biologico, con cui il minore abbia instaurato una stabile relazione affettiva, idonea ad assicurargli un beneficio sotto il profilo formativo o dell’equilibrata crescita psico-fisica (Cass. n. 19780 del 25.07.2018).

Con l’espressione famiglia degli affetti, si chiarisce il diritto della persona, e quindi anche del minore, al rispetto della propria vita privata e familiare e si abbraccia, con il termine famiglia, l’insieme degli affetti in un certo senso puri, ovvero scardinati dal vincolo di sangue ma fondati sull’esperienza dell’amore, dei quali il minore può autenticamente giovare.

L’obbligo dei nonni di mantenere i nipoti | Studio Legale Romina Anichini

L’obbligo dei nonni di mantenere i nipoti

L’obbligo sussidiario dei nonni

Passando ad un altro aspetto della nonnità o nonnanza, mi viene chiesto abbastanza di frequente se i nonni abbiano l’obbligo di mantenere i nipoti.

Su questo tema dobbiamo richiamare l’art. 316 bis c.c. che, in prima battuta, richiama il dovere dei genitori di provvedere economicamente ai figli e, in seconda battuta, stabilisce che “quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere ai loro doveri nei confronti dei figli”.

La giurisprudenza ha specificato bene il contenuto ed i termini di applicazione di tale norma, chiarendo che i nonni non sono tenuti a mantenere i nipoti quando il genitore che di fatto è l’unico a provvedere al minore sia in grado, da solo, di farlo (Cass. 20509/2010; Trib. Monza 14.02.2012).

Nello specifico, l’obbligo dei nonni sorge soltanto laddove entrambi i genitori si trovino nell’impossibilità di provvedervi, a tal fine non essendo sufficiente semplicemente che uno dei due non voglia provvedervi.

Anche di recente la Corte di Cassazione ha chiarito che il genitore può rivolgersi ai nonni solo se l’inadempimento sia dovuto a mancanza di mezzi e solo se il genitore che ha richiesto l’intervento dei nonni “non possa fa fronte per intero alle esigenze dei figli con le sue sostanze e le sue capacità reddituali”. La fattispecie di cui si è occupata la Suprema Corte con la pronuncia n. 28446 del 12.10.2023 ha addirittura precisato che la madre dei minori, prima di sollecitare l’adempimento dell’obbligo sussidiario degli ascendenti, avrebbe dovuto affrontare in proprio la situazione “vuoi agendo in giudizio nei confronti del coniuge separato perché facesse fronte ai propri obblighi di mantenimento delle figlie, nel caso in cui questi avesse avuto una qualche disponibilità economica; vuoi sfruttando la propria capacità di lavoro e tutte le occasioni di ottenere le risorse economiche a tal fine”.

Per comprendere tale orientamento occorre porre mette al fatto che l’obbligo di mantenere un figlio grava principalmente ed interamente su ciascun genitore e che, quindi, se l’altro non provvede, il genitore adempiente non può pretendere di default l’intervento economico dei nonni.

Il procedimento per il mantenimento

Pertanto, l’obbligo di mantenimento dei nonni verso i nipoti è sussidiario nel senso che è esigibile solo laddove entrambi i genitori non abbiano i mezzi economici per crescere i figli e quindi, solo in presenza di tali condizioni, sorge il diritto dei genitori, strumentale al diritto dei figli, ad ottenere direttamente dai nonni i mezzi per poter provvedere al sostentamento della prole.

In presenza dell’impossibilità dei genitori di provvedere alle esigenze dei figli, il credito viene attribuito direttamente agli stessi al fine di evitare qualsiasi interferenza dei nonni nell’esercizio della responsabilità genitoriale e consentire ai genitori di assumere liberamente le scelte nell’interesse dei figli, supportati materialmente dai nonni, in un’ottica di massima solidarietà familiare.

Tale obbligo sorge in capo a tutti i nonni in vita, in proporzione alle capacità economiche di ognuno ed in ordine di prossimità (quindi i primi ad essere tenuti sono i nonni e, dopo, eventualmente, i bisnonni).

Dal punto di vista processuale, viene riconosciuto a chiunque abbia interesse – quindi non soltanto al genitore che non riesce, da solo, a far fronte al mantenimento dei figli – la possibilità di attivare un procedimento monitorio, di natura sommaria, volto ad ottenere un ordine di distrazione di una quota dei redditi dell’obbligato (genitore o ascendenti) dovuti da un terzo (es. datore di lavoro, ente previdenziale). Tali redditi possono consistere in redditi da lavoro o da capitale, rendite di vario tipo o canoni periodici nonché da trattamenti di quiescenza.

La giurisprudenza di merito ha ravvisato in tale procedimento un carattere ibrido, poiché il decreto del giudice riveste sia la natura di titolo esecutivo, che l’inizio di un’esecuzione presso terzi con la conseguenza che l’eventuale opposizione parteciperà sia delle caratteristiche dell’opposizione a decreto ingiuntivo – quando verterà sull’an e sul quantum della quota di redditi – sia delle caratteristiche dell’opposizione all’esecuzione, quando verterà, ad es. sulla misura della pignorabilità dei redditi.

La Riforma Cartabia prevede che la trattazione del procedimento possa essere delegata ad un giudice designato dal presidente del tribunale e che al procedimento di opposizione si debba applicare la disciplina processuale, in materia di persone, minori e famiglia, incluso quindi il criterio della competenza territoriale.

Il procedimento in questione contempla anche l’audizione dell’inadempiente e l’assunzione sommaria di informazioni e si conclude con un decreto che deve essere notificato a tutti gli interessati, ovvero al/ai genitore/i inadempiente/i, eventualmente agli ascendenti e al terzo debitore.

Il decreto è opponibile dalle parti o dal terzo debitore, avanti il tribunale ordinario, entro 20 giorni dalla notifica –come in caso di opposizione all’esecuzione – termine ritenuto più appropriato alla natura del diritto da tutelare, ovvero il diritto al mantenimento dei figli, in luogo dell’ordinario termine di 40 giorni previsto per l’opposizione a decreto ingiuntivo, ritenuto troppo lungo in relazione all’esigenza di speditezza che una tale materia richiede.

Tale decreto è sempre modificabile e revocabile al mutare delle circostanze che ne hanno giustificato l’emissione.

Nonni, nipoti e la mediazione familiare

Concludo questo mio articolo sui nonni, con un piccolo ma doveroso cenno a ciò che può rappresentare un’alternativa vincente e duratura: l’applicazione della mediazione familiare anche nel conflitto relativo al rapporto tra nonni e nipoti, soprattutto laddove il conflitto affonda le sue radici nel rapporto dei nonni con i genitori.

Affidare alla mediazione familiare la gestione di questo tipo di conflitto significa guardare al passato per capire il presente e preparare, in modo consapevole, il futuro.

Foto apertura di Stefano Muzzarelli

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